Lisboa
Davanti alle ultime briciole del Tago
ridotte a silenzio dal sale di oceano
come davanti alle parole di qui
che vergogna non essere poeti
Prima che il sole figuri
sul pelo dell'orizzonte
ecco vestirsi di colori pallidi
l'intera città e il suo petto
Lo fa in silenzio
col fruscio lento di un amante
che si ritiri per tempo;
o che non voglia
far parte dei discorsi di domani,
ma che compia ancora
il suo lavoro plastico
e quei minuti di sorriso cieco
sullo stampo di argilla
d'Adamo ed Eva, ancora uguali
in quel sonno amato di membra,
ma già due, nei destini
del sogno, dato.
Arriva così da ultimo e distante,
distante al punto di essere
ugualmente vicino a ciascuno,
il sole.
E senza sapere pressoché nulla
dei sogni,
credendoli solo un cuor di rugiada,
più attento alle tempeste
nel sopraggiungere
chiede sempre le stesse cose.
Ha mandato avanti, lo precede di otto minuti,
la luce: la sua luce
cieca e accecante.
Ma noi siamo qui
per una repubblica di colori
Da un po' di tempo
abbiamo scoperto che è malato,
e non solo in viso, ma dentro,
nei nervi, dove la luce si fabbrica
con elementi fuocanti.
E lì, ché lui sa che la vita
è condizione di tutto,
lo consuma il timore
di spegnersi:
è una questione dura
bambina
anche solo da porsi...
e nessuno,
veramente nessuno, in questo
lo può aiutare.
Lisboa
davanti alle ultime briciole del sole
che vergogna non essere poeti
La prima cosa che fa, quando appare
sul mondo con l'autonomia di una forma,
è quella di mettersi per strada e prostituirsi
come una metafora.
È così irrequieto che è ovunque…
Ma questo ingenera dubbio, follia, esaltazione...
e produce, nei suoi più elementari sviluppi,
particolari dubbi di ambiguità.
Nessuno credeva che la sola idea
di mandare davanti a sé
otto minuti di luce, avrebbe
creato la conseguenza dell'ombra.
E con l'ombra, lui,
ancora non sa proprio come fare...
Non è per il mare che succede
quel che succede sul panorama del mare
e non parlo di me solo
né solo di me quando dentro il cuore
del più intimo segreto trovo
il respiro vergine di Adamo.
Prima che l'umanità diventasse un ideale,
io l'ho sentita riunirsi,
conoscersi… sognare
e camminare.
Davvero non è del sole,
delle vette o del vento di oceano...
il primo motore dello stupore...
Ma il funzionamento,
che in sostanza genera
e crea tutte le cose,
il funzionamento
di questa misteriosa
cartina di tornasole.
Non è mai nelle cose
o nel crederle così perché così
o cosà perché cosà
ma piuttosto nella sorpresa
la sorpresa vitale
per cui ai tuoi stessi occhi
avviene di accorgerti
di iniziare, con piccole scintille, a credere
da un prima in cui non ci
credevi. Ecco.
Questo è sommamente poetico,
non i tramonti, né le tramontane,
ma questa coscienza,
le sue luminose eclissi
che amiamo raccontare
Dove si apre finalmente una luce
sulle teste come piante orientate
una luce buona di presagio
che si adoperi negli sviluppi
Non fu detto però di Dio il sorriso
la chitarra sa che la sinfonia
come un manto di neve suona
negli spazi curvanti del cuore
E ti metti a raccontare di un fatto
con misura domestica e consumata
di chi ha consuetudine con la meraviglia
ma non l'adopera per dimenticare
Stai per nascere ancora tra poco
avrà un nome questo movimento
che si porta il cuore colmo di rugiada
e non sai dire altrimenti. Ma: tra poco
Tra poco il fiore dischiude il suo segreto
sempre e per sempre sta per essere
il punto eterno del momento che pulsa
La speranza è che tutto ciò
solamente anche altrove
risulti
Fino a quando l'orizzonte
si misura dove spegne
il pianto l'urlo del bambino
che vergogna non essere poeti
Diménticati quindi anche di Lisboa
abbi cura del giardino del tuo cuore...
resta in ascolto del coro di grano
quel che può fare il mare
errabondo costante
semplicemente
unico e uguale
Qualcosa di adesso, un sasso,
un lampo o un sapore,
è quanto occorreva
a dischiudere una luce più antica
trovare prima e dentro
quel mondo sognato
e creduto lontano
Strana la vita. Un giorno
basta aprire la finestra, l'altro bisogna
che Dio te lo porti da casa...
Vengono tempi dove i colori
hanno altri nomi. La verità
rimane verde: più di ogni altro
verde è il colore da ascoltare.
Vieni a Lisboa
il tempo delle unghie
pizzica piano
Ho dimenticato le mie mani
applaudire
e intanto mi sono messo a scrivere
queste miserabili parole
dì piccola farsa di gola
davanti al ventre di atlante
Ma loro, propaggini estreme del cuore,
le mie mani hanno proseguito a scrivere
meravigliando e più e più
in quell'ancòra di ogni costruzione
dov'è finalmente possibile
coesistere la voce e il suo racconto
c’erano anche delle parole
non ancora scritte
già presenti come api
ai segnali di primavera intorno
c’erano parole
brevemente chiuse e liberate
nei versi volanti del fado
Lascia Lisboa
aspetta la mia voce
Come un'acqua da una roccia antica
sparisce nella nostra pancia la voce
che vola come una mosca farfalla
attorno al nostro trepidante silenzio
Siamo costretti ad ascoltare
il suo canto... Prima di morire
Una malinconia d'uomini e donne
negli occhi di un mediterraneo
affiorato da dentro il cuore minerale
della terra
Mirasole di stelle lontane
in un planetario d'oceano
che ascolta e non risponde
La mia ombra dipinta dai viaggi
sui muri liquidi a praca do comiercio
in un odore di ferro, di nafta
e sapone d'Olanda e coriandolo
agli e patate nude in terra
e risme di piccole note a matita
prima di Pessoa, molti figli di Giona
sul trampolino di atlante
hanno cambiato nome
per non morire
salpare: salvare la vita
tu no, non sapevi, non potevi
turchina dimenticanza
nell'allentare un comune destino
all’assedio circolare del cuore
ti tenevi alla boa di Lisboa
volevi vivere, volare
diventare qualcosa
qualsiasi cosa
che vergogna non essere poeti
aver sempre qualcosa
da rimediare
poi ti sorprende il fado
il suo verso lungo
nel tuo corpo cavo
ricordarsi di dimenticare
dolcemente
come il sole si lascia
inghiottire dal ventre del Tago
©Gabriele Via
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