mercoledì 13 gennaio 2010

Luce del Fado

Lisboa

 

Davanti alle ultime briciole del Tago

ridotte a silenzio dal sale di oceano

come davanti alle parole di qui

che vergogna non essere poeti

 

Prima che il sole figuri

sul pelo dell'orizzonte

ecco vestirsi di colori pallidi

l'intera città e il suo petto

 

Lo fa in silenzio

col fruscio lento di un amante

che si ritiri per tempo;

o che non voglia

far parte dei discorsi di domani,

 

ma che compia ancora

il suo lavoro plastico

e quei minuti di sorriso cieco

sullo stampo di argilla

d'Adamo ed Eva, ancora uguali

 

in quel sonno amato di membra,

ma già due, nei destini

del sogno, dato.

 

Arriva così da ultimo e distante,

distante al punto di essere

ugualmente vicino a ciascuno,

il sole.

 

E senza sapere pressoché nulla

dei sogni,

credendoli solo un cuor di rugiada,

più attento alle tempeste

nel sopraggiungere

chiede sempre le stesse cose.

 

Ha mandato avanti, lo precede di otto minuti,

la luce: la sua luce

cieca e accecante.

 

Ma noi siamo qui

per una repubblica di colori

 

Da un po' di tempo

abbiamo scoperto che è malato,

e non solo in viso, ma dentro,

nei nervi, dove la luce si fabbrica

con elementi fuocanti.

 

E lì, ché lui sa che la vita

è condizione di tutto,

lo consuma il timore

di spegnersi:

è una questione dura

bambina

anche solo da porsi...

e nessuno,

veramente nessuno, in questo

lo può aiutare.

 

Lisboa

davanti alle ultime briciole del sole

che vergogna non essere poeti

 

La prima cosa che fa, quando appare

sul mondo con l'autonomia di una forma,

è quella di mettersi per strada e prostituirsi

come una metafora.

È così irrequieto che è ovunque…

 

Ma questo ingenera dubbio, follia, esaltazione...

e produce, nei suoi più elementari sviluppi,

particolari dubbi di ambiguità.

 

Nessuno credeva che la sola idea

di mandare davanti a sé

otto minuti di luce, avrebbe

creato la conseguenza dell'ombra.

E con l'ombra, lui,

ancora non sa proprio come fare...

 

Non è per il mare che succede

quel che succede sul panorama del mare

e non parlo di me solo

né solo di me quando dentro il cuore

del più intimo segreto trovo

il respiro vergine di Adamo.

 

Prima che l'umanità diventasse un ideale,

io l'ho sentita riunirsi,

conoscersi…            sognare

e camminare.

 

Davvero non è del sole,

delle vette o del vento di oceano...

il primo motore dello stupore...

 

Ma il funzionamento,

che in sostanza genera

e crea tutte le cose,

 

il funzionamento

di questa misteriosa

cartina di tornasole.

 

 

Non è mai nelle cose

o nel crederle così perché così

o cosà perché cosà

ma piuttosto nella sorpresa

 

la sorpresa vitale

per cui ai tuoi stessi occhi

avviene di accorgerti

di iniziare, con piccole scintille, a credere

da un prima in cui non ci

credevi. Ecco.

Questo è sommamente poetico,

non i tramonti, né le tramontane,

ma questa coscienza,

le sue luminose eclissi

che amiamo raccontare

 

 

Dove si apre finalmente una luce

sulle teste come piante orientate

una luce buona di presagio

che si adoperi negli sviluppi

 

Non fu detto però di Dio il sorriso

la chitarra sa che la sinfonia

come un manto di neve suona

negli spazi curvanti del cuore

 

E ti metti a raccontare di un fatto

con misura domestica e consumata

di chi ha consuetudine con la meraviglia

ma non l'adopera per dimenticare

 

Stai per nascere ancora tra poco

avrà un nome questo movimento

che si porta il cuore colmo di rugiada

e non sai dire altrimenti. Ma: tra poco

 

Tra poco il fiore dischiude il suo segreto

sempre e per sempre sta per essere

il punto eterno del momento che pulsa

 

La speranza è che tutto ciò

solamente anche altrove

risulti

 

Fino a quando l'orizzonte

si misura dove spegne

il pianto l'urlo del bambino

 

che vergogna non essere poeti

 

Diménticati quindi anche di Lisboa

abbi cura del giardino del tuo cuore...

resta in ascolto del coro di grano

quel che può fare il mare

errabondo costante

semplicemente

unico e uguale

 

Qualcosa di adesso, un sasso,

un lampo o un sapore,

è quanto occorreva

a dischiudere una luce più antica

 

trovare prima e dentro

quel mondo sognato

e creduto lontano

 

Strana la vita. Un giorno

basta aprire la finestra, l'altro bisogna

che Dio te lo porti da casa...

 

Vengono tempi dove i colori

hanno altri nomi. La verità

rimane verde: più di ogni altro

verde è il colore da ascoltare.

 

 

Vieni a Lisboa

il tempo delle unghie

pizzica piano

 

Ho dimenticato le mie mani

applaudire

e intanto mi sono messo a scrivere

queste miserabili parole

dì piccola farsa di gola

davanti al ventre di atlante

 

Ma loro, propaggini estreme del cuore,

le mie mani hanno proseguito a scrivere

meravigliando e più e più

in quell'ancòra di ogni costruzione

dov'è finalmente possibile

coesistere la voce e il suo racconto

c’erano anche delle parole

non ancora scritte

già presenti come api

ai segnali di primavera intorno

c’erano parole

brevemente chiuse e liberate

nei versi volanti del fado

 

Lascia Lisboa

aspetta la mia voce

 

 

Come un'acqua da una roccia antica

sparisce nella nostra pancia la voce

che vola come una mosca farfalla

attorno al nostro trepidante silenzio

 

Siamo costretti ad ascoltare

il suo canto... Prima di morire

 

Una malinconia d'uomini e donne

negli occhi di un mediterraneo

affiorato da dentro il cuore minerale

della terra

Mirasole di stelle lontane

in un planetario d'oceano

che ascolta e non risponde

 

La mia ombra dipinta dai viaggi

sui muri liquidi a praca do comiercio

in un odore di ferro, di nafta

e sapone d'Olanda e coriandolo

agli e patate nude in terra

e risme di piccole note a matita

 

prima di Pessoa, molti figli di Giona

sul trampolino di atlante

hanno cambiato nome

per non morire

salpare: salvare la vita

 

tu no, non sapevi, non potevi

turchina dimenticanza

nell'allentare un comune destino

all’assedio circolare del cuore

 

ti tenevi alla boa di Lisboa

volevi vivere, volare

 

diventare qualcosa

qualsiasi cosa

 

che vergogna non essere poeti

aver sempre qualcosa

da rimediare

 

poi ti sorprende il fado

il suo verso lungo

nel tuo corpo cavo

ricordarsi di dimenticare

dolcemente

come il sole si lascia

inghiottire dal ventre del Tago

 

 

©Gabriele Via   

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