Stasera io farei un appello
per chiamare a raccolta
nel rumore delle voci
pochi cuori felici.
Per una volta non gli speranti esperti:
chi ha un sogno, un progetto;
né chi domani aspetti l'ora in agguato.
Ma solo chi guarda nel mondo
senza un palpito di paura
e senza il minimo desiderio
respira soltanto con molta cura.
(Esiste ancora chi non coglie
il ruolo retorico della farsa:
tu porgi un fiore finto, sì
e quello lo riceve in dono,
pensando che ora va così;
né pure avvedendosi,
che per man sua lacrima
una rugiada vera, prima non parsa.)
Sento però il gradevole vortice
che da loro trama un suono:
misteriosa presenza dei felici.
È l'architettura della nostalgia,
all'arrembaggio dei cuori:
guata, coglie, se ne vola via.
Stasera farei il suo numero davvero
perché in questa plaga agirei una danza
mi farei bastare l'atto di un movimento
apparendo senza una rotta
quello che sono, quello che sento.
Senza una destinazione
-pensiero, parola, operazione-
viviamo in scala uno a dieci,
fin dove capaci di voler credere
ad una miglior condizione
possiamo spingerci, solitari
per una tale spedizione.
Abbiamo abbandonato le parole
sul piano obliquo della vita
ora coltiviamo rivi, dossi e fossi…
…Prima o poi la pioggia arriva.
©Gabriele Via