lunedì 18 gennaio 2010

Stasera io farei un appello

Stasera io farei un appello

per chiamare a raccolta

nel rumore delle voci

pochi cuori felici.

 

Per una volta non gli speranti esperti:

chi ha un sogno, un progetto;

né chi domani aspetti l'ora in agguato.

 

Ma solo chi guarda nel mondo

senza un palpito di paura

e senza il minimo desiderio

respira soltanto con molta cura.

 

(Esiste ancora chi non coglie

il ruolo retorico della farsa:

tu porgi un fiore finto, sì

e quello lo riceve in dono,

pensando che ora va così;

né pure avvedendosi,

che per man sua lacrima

una rugiada vera, prima non parsa.)

 

Sento però il gradevole vortice

che da loro trama un suono:

misteriosa presenza dei felici.

 

È l'architettura della nostalgia,

all'arrembaggio dei cuori:

guata, coglie, se ne vola via.

 

Stasera farei il suo numero davvero

perché in questa plaga agirei una danza

mi farei bastare l'atto di un movimento

apparendo senza una rotta

quello che sono, quello che sento.

 

Senza una destinazione

-pensiero, parola, operazione-

viviamo in scala uno a dieci,

fin dove capaci di voler credere

ad una miglior condizione

possiamo spingerci, solitari

per una tale spedizione.

 

Abbiamo abbandonato le parole

sul piano obliquo della vita

ora coltiviamo rivi, dossi e fossi…

 

…Prima o poi la pioggia arriva.


©Gabriele Via