Vedo la fatica di chi edifica
e non mi è estranea neppure
nei tangibili ricordi delle mie ossa.
Eppure, e più spesso io, ancora
come un innamorato ottuso
mi accorgo che
come vedo sorgere il lume del giorno
davanti ai miei occhi aperti e seduti
sul bordo della vita viva che pulsa
nella meditazione dell’alba
mi aspetto che anche
la formazione luminosa delle parole
a quella maniera mi raggiunga
senza che debba fare nulla
come l’amante raggiunge l’amata
come il profumo del giacinto
entra nelle stanze della casa…
Lo so benissimo
-guarda le mie mani, i miei piedi
i segni che porto nel lume del volto-
lo so benissimo
che se scavo e buco la montagna
scovo il segreto nido del diamante
o che se giungo sulla vetta
incontro l’azzurro fiore di genziana
e che se coltivo la nuda terra
arriveranno i frutti con le piogge…
Ma come ve lo devo dire
che il frutto sono io
e che mi basta
lasciarmi piovere in faccia
l’intera dolcezza
del dramma della vita
che a me viene,
-di più- che mi cerca
sempre
io non scrivo un bel niente
sono quel doganiere
amico dei furfanti
che lascia passare
©Gabriele Via