giovedì 26 gennaio 2012

GABRIELE VIA - CLIP - CORSO LETTURA POESIA- LICEO GALVANI

Come deve essere una città?

Come deve essere una città?

Carissimi,
la nostra situazione è complicata.

Forse non si tratta di avere il colpo

di genio; l'idea giusta mai prima osata;
la formula un tempo nascosta al concorrente

ed ora da rivelare per la salvezza comune. No…

La situazione è grave e complicata.
Credevamo di rimanerne fuori,
la paura del ridicolo, il timore
occulto del manicomio...
Ci avevano tenuti lontani
da ogni stranezza... Anche i colori dei muri,

le forme delle case... tutto da noi era omologato...

omogeneo... al di sotto di ogni sospetto…

mimetizzati nel mondo…

Forse ciò che ci occorre è una sonora botta da...

qualcosa qualcuno…Un'idea di qualcosa troppo sopra
o troppo sotto: tale che riguardi davvero tutti.

Ma concreto e vero come lo sono il pane e la coscienza.

Un tempo c'era Dio: per ogni tipo
di questione complicata,
simile alla nostra.

Dio era padre di tutti, sapeva tenere conto
di ogni nascosto bisogno
di ogni segreto sogno. E a Dio,
un tempo, hanno creduto tutti.
Ma, prima la corruzione di chi lo amministrava,

i vescovi conti: ricchi, omicidi e corrotti; e poi
il dubbio legittimo nei cuori dei semplici:

e quindi l'età ragionevole della Gaia Scienza,
ci hanno rivelato che Dio è morto
e che lo abbiamo ucciso proprio noi

dentro il nostro cuore e quindi

anche nelle strade delle nostre città.

Però, da allora ecco che abbiamo avuto in dote
la dura e cruda amministrazione degli ideali:
Verità, Giustizia, Bene comune, Bellezza...

Non più Dio, ma la Macchina della burocrazia.
un sacro codice, un capitello, tre colonne

una statua della moderna Minerva,

un monito della vecchia Dike

e una bella banda solenne e metallica


Forse era meglio Dio; che amava le feste

non meno che il lavoro e sapeva liberamente,

misteriosamente, amministrare l'amore e la
grazia... Senza mediazioni istituzionali:

il Dio del cielo ed della terra, dell'ispirazione

dei puri di cuore: il Dio umano dell'amatevi gli uni
gli altri. Ma no: meglio ucciderlo. Questo Dio guastafeste.

Eccoci quindi soli ad amministrare un bene
di cui fino a ieri sapevamo e male solo un 5%.

Abbiamo sgozzato nella notte l'agnello

ed ora controlliamo la grande holding della vita!

Devoti della razionalizzazione ad ogni costo.
più nazisti di Hitler, ma convinti di essere democratici.

Abbiamo lasciato che gli ideali restassero lì,

fra corone d'alloro mute, come i protocolli
delle cerimonie...

E abbiamo consegnato le chiavi
delle formule vive del destino
a una grigia teoria di professori:
tecnici specialisti
allergici silenziosi alla democrazia.

Democrazia….

Sì ma chi ha dovuto amministrare

questi preziosi beni comuni
a propria volta, di notte (ne sono sicuro)
nel segreto del proprio labbro chiuso

Ancora come lo stolto Salomone pregava Dio;
Oh signore: dammi la saggezza
per amministrare il bene comune.

E, com'è, come non è:
in un modo o nell'altro
ecco che il potere inedito,
questo 95% del controllo,
accecava gli uni e gli altri...

Fin quando uno, uno non udito prima,

uno fuori dai giochi davvero,
senza interesse personale,
ma ricco di pietà comune,
in ascolto del cuore sapiente e sofferente della vita,
alzava nuovamente la voce
come Bernardino in piazza del campo a Siena nel 1425
e ripeteva con puntiglio
giusto il giusto, vero il vero
buono il buono. Giorno dopo giorno;
piazza dopo piazza. Alzava la voce,

inaudita, per ore, e gridava: I have a dream today

E questa economia
tornava ad essere misura vera
di vita giusta e degna.

Fino ad allora il bottegaio
vuole l'urlo operoso per la via
e il batter sonante del martello
sordo ad altri naturali bisogni


Il malato chiede invece la quiete
il giovane vuole le feste e i fuochi
il bigotto rimprovera gli uni

gli altri e tutti i giochi

e intanto l'usuraio, il camorrista

e il faccendiere profittano su tutti...
come in una allegoria dipinta

molti secoli fa…


Ma come deve essere una città?

Ed eccoci qua!
ancora con la domanda comunale:
come deve essere una città?

E lo chiedete oggi alla poesia?
che fino a ieri l'avete disprezzata
troppo presi nei vostri colletti sudati,

solo a contar soldi in bottega...
Lasciando che chiudessero
teatri e scuole nell'illusione
che questo avrebbe portato
più spazio al vostro dio mercato?

Lo chiedete alla poesia?
voi pennivendoli da scandalo,
che l'avete censurata
per far spazio a truffe e dame sgozzate

sulle pagine degli avvenimenti

scandalistici…

Lo chiedete alla poesia? Voi
che non avete più pudore
né faccia di alzare gli occhi a Dio
e al fratello, e chiedere scusa
per il vostro tronfio orgoglio...
Ma sapete dire solo noi noi noi
a meschino servizio di chiuse corporazioni...

Ed eccoci qui nella notte:
rapidissimi oscillare
dall'idolatria della moneta
alla speranza assurda

in una ennesima cometa.

L'incrocio tra cielo e terra,
la croce viva del figlio dell'uomo
ci scandalizza e ci spaventa…
Meglio uccidere: ogni volta uccidere.
Siamo troppo romani per essere davvero cristiani.
Troppo avvinti dal perverso gioco di
delitto e solennità.

Ma forse è giusto così
la poesia come un tempo Dio
quando ci credevate davvero
o gli ideali, prima che foste
corrotti nel midollo…
La poesia è sempre stata
e sempre sarà nella dignità
umana. Anche solo un attimo
prima di diventare bestie...
Una voce che ci ricorda

chi siamo veramente:
a cosa siamo chiamati...
“Adamo, dove sei?”

È giusto: chiedete lumi alla poesia
dopo che burocrati, pagliacci

e faccendieri, hanno dissanguato
le risorse della casa...

Ora che ci assale il dubbio
tremendo, di avere dato
le chiavi in mano al puro demonio.

Chiedete lumi alla poesia:

ormai non rischiate più
né il ridicolo né il manicomio.



©Gabriele Via Bologna, 23 gennaio 2012


poesie scritta e letta in diretta alla trasmissione Ottobre Rosso il 23 gennaio 2012 (ogni lunedì alle ore 21 su Nuova Rete, canale 110)

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