lunedì 1 febbraio 2010

Oracolo di Gerusalemme romana

Orgoglio e vergogna fanno questo vino amaro

e giusto a sgretolati calici.

 

Beviamone, quindi. Amarmente

per san Michele, vanto dei sordi.

 

Non questa chiesa

ma le altre sette,

settanta volte sette, chiese…

 

…Non questa paginetta

rispose

non queste parole

ma le altre settanta,

nubili tutte, e sempre altrove.

 

Non questa lettura, di ora

Ma le altre tutte ancora

 

Non questo intendere

in sortilegi di lingua fine:

l'audace o il lento capir capito…

Né l'alludere complice o infido

Ma oltre: fino alla primavera di tutto.

(Quando l'incrollabile era: il suo regno)

 

 

Non tu.

Ma l'altro tu, nato per un sì.

E in questo tenero e terribile

Acconsentire

Tutto il bene che sai intendere

E vuoi poter sentire

Ora, qui.

 

Qual'è dunque il tuo contributo?

Cosa cerchi oggi

leggendo?

 

spirto turista di parole e sguardi

 

Ora,

devi fare la tua giusta fatica.

 

Tra i brevi nati

Umana, civile, secondo spirito e verità

Porta la tua meschina croce

dell'anima al monte dei pietosi ulivi.

Impegnala con gli spiccioli bucati

Di un'altrettanta menzognera indulgenza...

 

-pentiti

delle forme ipocrite di pentimento!-

…ché l'hai già richiesta.

 

Domani ci troveremo

leggeremo inni, canti

scriveremo di amori

o di sentite preghiere

 

E nuove poesie

allora, libere e necessarie

come fiori di vita verranno.

 

Come se tutto dipendesse da te,

sapendo che nulla dipende da te:

sii grazioso, solamente.

 

Né poco, né troppo:

la tua vera parte

per chi veramente sei

immagine di lui

osa la somiglianza di un gesto

e sarai popolo nel cuore di Dio.

 

E sia cuore di tuo pugno

altrimenti non c'è poesia

ma delitto, ancora, solennità

e la consueta, bolsa, idolatria.

 

Finché ragioni,

comodamente garantito,

sei morto.

Mentre che il tarlo sgretola

nei tuoi sordi dubbi

mattoni e granito.


©Gabriele Via