
lunedì 14 dicembre 2009
Ricominciare nel candore della neve
Voilà: relazione e identità
la poesia che parla di qualcosa
arriva sempre e solamente
fino ad un certo punto
del rumoroso, sordo e cieco
non dire niente, in molti modi:
e qui giunta, quando non prima deceduta
emette un pensiero dubitativo
senza forma, senza sostanza,
senza desiderio, senza memoria,
senza altro: ossia un’unica, triste,
solitaria e pericolosa certezza:
immune addirittura al demone
della nostalgia, una idolatria
pragmatica senza divinità.
Vorrei dire insieme due parole
dovrò però dirne una prima dell'altra
poi decido che fa lo stesso:
risolverò la cosa altrove (non so dove)
in un altro momento (non so quando)
ci sarà, credo, un tempo e un luogo
per risolvere la cosa
ma modo per risolvere la cosa
se la cosa è proprio quella lì
forse
non c'è
prima o poi si corre il rischio di capire
incomprensibilmente
che la lontananza può darsi
che non sia una distanza
ma la sostanza di un senso vivo
di un'alternanza che ti procura diversità
la lontananza è la cosa più vicina che c'è
il senso unico del verso
il prima o poi che intreccia i cavi
e ti rivela. Lo scherzo di una stanza.
Perché il nocciolo della questione
non ci è mai estraneo
ma neppure si conserva in dispensa
la lampadina che illumina il giorno
nello stesso luogo in cui si era
abbuiata la notte...
illuminare il giorno
(questo nessuna parola lo sa)
non è possibile: né prima, né poi.
Il mistero non è un problema nascosto
nel mantello della notte da illuminare
Metà delle parole che adoperi
sono scritte alla lavagna
Il mistero è una voce fatta di parola
che come una cometa si muove dal cielo
fino a scaldarti il cuore
il fatto che un cane mi faccia compagnia
non va risolto.
I proiettili non uccidono
e l'anima non muore
il problema è che nascere non è una malattia
la pioggia non è un giudizio
e le tue lacrime hanno tutti i profumi di un fiore…
Ma libri, statue, foto, e bandiere bruciate
non fanno concime, confondono
solamente un inizio con la fine.
Vorrei dire due parole insieme:
ascolto
silenzio
…Ma ne viene sempre una terza
due più due è due più due
che poi faccia quattro
giochi alla belle statuine
o inciampi in un gioco dispari di specchi
io
non mi devo dimenticare
di ciò che è, se ho bisogno di ciò che fa.
L'indicibile metafora di una rima
tu non lo credi ma fa meglio, fa prima
l'infinito remoto continuerà
ma la speranza senza oggetto
non dev'essere un progetto