mercoledì 15 febbraio 2012

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giovedì 26 gennaio 2012

GABRIELE VIA - CLIP - CORSO LETTURA POESIA- LICEO GALVANI

Come deve essere una città?

Come deve essere una città?

Carissimi,
la nostra situazione è complicata.

Forse non si tratta di avere il colpo

di genio; l'idea giusta mai prima osata;
la formula un tempo nascosta al concorrente

ed ora da rivelare per la salvezza comune. No…

La situazione è grave e complicata.
Credevamo di rimanerne fuori,
la paura del ridicolo, il timore
occulto del manicomio...
Ci avevano tenuti lontani
da ogni stranezza... Anche i colori dei muri,

le forme delle case... tutto da noi era omologato...

omogeneo... al di sotto di ogni sospetto…

mimetizzati nel mondo…

Forse ciò che ci occorre è una sonora botta da...

qualcosa qualcuno…Un'idea di qualcosa troppo sopra
o troppo sotto: tale che riguardi davvero tutti.

Ma concreto e vero come lo sono il pane e la coscienza.

Un tempo c'era Dio: per ogni tipo
di questione complicata,
simile alla nostra.

Dio era padre di tutti, sapeva tenere conto
di ogni nascosto bisogno
di ogni segreto sogno. E a Dio,
un tempo, hanno creduto tutti.
Ma, prima la corruzione di chi lo amministrava,

i vescovi conti: ricchi, omicidi e corrotti; e poi
il dubbio legittimo nei cuori dei semplici:

e quindi l'età ragionevole della Gaia Scienza,
ci hanno rivelato che Dio è morto
e che lo abbiamo ucciso proprio noi

dentro il nostro cuore e quindi

anche nelle strade delle nostre città.

Però, da allora ecco che abbiamo avuto in dote
la dura e cruda amministrazione degli ideali:
Verità, Giustizia, Bene comune, Bellezza...

Non più Dio, ma la Macchina della burocrazia.
un sacro codice, un capitello, tre colonne

una statua della moderna Minerva,

un monito della vecchia Dike

e una bella banda solenne e metallica


Forse era meglio Dio; che amava le feste

non meno che il lavoro e sapeva liberamente,

misteriosamente, amministrare l'amore e la
grazia... Senza mediazioni istituzionali:

il Dio del cielo ed della terra, dell'ispirazione

dei puri di cuore: il Dio umano dell'amatevi gli uni
gli altri. Ma no: meglio ucciderlo. Questo Dio guastafeste.

Eccoci quindi soli ad amministrare un bene
di cui fino a ieri sapevamo e male solo un 5%.

Abbiamo sgozzato nella notte l'agnello

ed ora controlliamo la grande holding della vita!

Devoti della razionalizzazione ad ogni costo.
più nazisti di Hitler, ma convinti di essere democratici.

Abbiamo lasciato che gli ideali restassero lì,

fra corone d'alloro mute, come i protocolli
delle cerimonie...

E abbiamo consegnato le chiavi
delle formule vive del destino
a una grigia teoria di professori:
tecnici specialisti
allergici silenziosi alla democrazia.

Democrazia….

Sì ma chi ha dovuto amministrare

questi preziosi beni comuni
a propria volta, di notte (ne sono sicuro)
nel segreto del proprio labbro chiuso

Ancora come lo stolto Salomone pregava Dio;
Oh signore: dammi la saggezza
per amministrare il bene comune.

E, com'è, come non è:
in un modo o nell'altro
ecco che il potere inedito,
questo 95% del controllo,
accecava gli uni e gli altri...

Fin quando uno, uno non udito prima,

uno fuori dai giochi davvero,
senza interesse personale,
ma ricco di pietà comune,
in ascolto del cuore sapiente e sofferente della vita,
alzava nuovamente la voce
come Bernardino in piazza del campo a Siena nel 1425
e ripeteva con puntiglio
giusto il giusto, vero il vero
buono il buono. Giorno dopo giorno;
piazza dopo piazza. Alzava la voce,

inaudita, per ore, e gridava: I have a dream today

E questa economia
tornava ad essere misura vera
di vita giusta e degna.

Fino ad allora il bottegaio
vuole l'urlo operoso per la via
e il batter sonante del martello
sordo ad altri naturali bisogni


Il malato chiede invece la quiete
il giovane vuole le feste e i fuochi
il bigotto rimprovera gli uni

gli altri e tutti i giochi

e intanto l'usuraio, il camorrista

e il faccendiere profittano su tutti...
come in una allegoria dipinta

molti secoli fa…


Ma come deve essere una città?

Ed eccoci qua!
ancora con la domanda comunale:
come deve essere una città?

E lo chiedete oggi alla poesia?
che fino a ieri l'avete disprezzata
troppo presi nei vostri colletti sudati,

solo a contar soldi in bottega...
Lasciando che chiudessero
teatri e scuole nell'illusione
che questo avrebbe portato
più spazio al vostro dio mercato?

Lo chiedete alla poesia?
voi pennivendoli da scandalo,
che l'avete censurata
per far spazio a truffe e dame sgozzate

sulle pagine degli avvenimenti

scandalistici…

Lo chiedete alla poesia? Voi
che non avete più pudore
né faccia di alzare gli occhi a Dio
e al fratello, e chiedere scusa
per il vostro tronfio orgoglio...
Ma sapete dire solo noi noi noi
a meschino servizio di chiuse corporazioni...

Ed eccoci qui nella notte:
rapidissimi oscillare
dall'idolatria della moneta
alla speranza assurda

in una ennesima cometa.

L'incrocio tra cielo e terra,
la croce viva del figlio dell'uomo
ci scandalizza e ci spaventa…
Meglio uccidere: ogni volta uccidere.
Siamo troppo romani per essere davvero cristiani.
Troppo avvinti dal perverso gioco di
delitto e solennità.

Ma forse è giusto così
la poesia come un tempo Dio
quando ci credevate davvero
o gli ideali, prima che foste
corrotti nel midollo…
La poesia è sempre stata
e sempre sarà nella dignità
umana. Anche solo un attimo
prima di diventare bestie...
Una voce che ci ricorda

chi siamo veramente:
a cosa siamo chiamati...
“Adamo, dove sei?”

È giusto: chiedete lumi alla poesia
dopo che burocrati, pagliacci

e faccendieri, hanno dissanguato
le risorse della casa...

Ora che ci assale il dubbio
tremendo, di avere dato
le chiavi in mano al puro demonio.

Chiedete lumi alla poesia:

ormai non rischiate più
né il ridicolo né il manicomio.



©Gabriele Via Bologna, 23 gennaio 2012


poesie scritta e letta in diretta alla trasmissione Ottobre Rosso il 23 gennaio 2012 (ogni lunedì alle ore 21 su Nuova Rete, canale 110)

dopo oltre un anno di STOP

torno ad utilizzare il blog.

grazie a chi vorrà seguire

Gabo

martedì 21 dicembre 2010

La prossimità





Un tempo questa poesia finiva qui.

Poi è risorto l’interlocutore.


Sono successe allora altre cose

meritevoli d’inclinare accenti;


e vi furono aggiunte e smentite,

finché alla fine arrivò l’inizio.




L'inizio della vita
è guardare la neve

come luce silenziosa posata

sul lenzuolo dipinto dell'anima.


E guardando credere e credendo

essere la conseguenza logica

della gioia tanto desiderata.


Ma di qualsiasi cosa

volessimo ad un certo punto parlare

parliamone un minuto soltanto

o forse due

quel che basta


"al chiacchiericcio liquido dei passeri,
entro il dolce rumore della vita"


ma appena che si raggiunge
questo in questo stare

benedetto
e nient'altro per lo meno brigare.




Ma vi fidereste voi di noi?
col dolore che portare

il dolore che portiamo

noi per le scale che non vedete

sapendo poi soltanto

che un tempo tutta la poesia

finiva lassù, prima di tutto:

vi fidereste voi ancora di noi

che la tiriamo così per le lunghe?

E questo che sembra non centrare

cari miei, siamo così vicini,
è il grado cieco del sopravvivere


io non ne sono esperto più di tanto

ed alla cieca qui tramando strofe

di una lingua che non conosco


mi fu detto di creare occasioni

il respiro di turbare in un baleno




eppure talvolta per un solo istante
per un istante solo talvolta eppure


mi par di sapere così bene che
la bellezza non ha argomenti


e potrei diffondermi in improvvise

lezioni su quest’angolo cieco di luce


barattolo di spigoli colorati

ove ciascuno all’insaputa prende


la sola porzione di meraviglia

proseguendo il masticato cammino


potrebbe invece cogliere ogni altro
come la chiamata inattesa di Dio


un gesto di sparviero tremante

la promessa di un mare tra le schiume


un ben maggiore capriccio di cose

che turbando tutto il cuore rinnova




ma questo non può neppure la poesia

ché non aggiunge a tutto il creato


una sola lettera se pure mancante…


Un tempo la poesia finiva così

e nessuno credeva che il cuore

sapesse volare tanto distante


l’incolmabile distanza della prossimità

quella che nessun verso mai colmerà



©Gabriele Via

domenica 28 novembre 2010

È solo il mio cuore


È solo il mio cuore che trema,

quest'ala che scopre il suo segno,

nel soffio del vento

sul pelo dell'acqua…


È solo il mio cuore che trema,

questa vita rivestita

del racconto di un'altra paura…


È solo il mio cuore che trema

non un fuggire

da note a insicure cose…


E una carezza,

il tuo sorriso,

una buona parola,

un boccone caldo


sono una chiara consolazione

in questo cammino.


Non te lo avevo detto mai prima,

amore mio,

ma la vita, questa vita

è un posto dove non ero mai stato


Lo senti?


È solo il mio cuore che trema.





©Gabriele Via Torino, 20 novembre 2010

lunedì 1 novembre 2010

Pietra caramella



molti segreti a sigillo

della sapienza se ne stanno

lì evidenti in preda all’ignoranza


l’erba si nasconde sempre nei prati


pietra caramella asola del mondo
la poesia e un suono che confondo


e ti pare per un'ora d'essere

in cielo è un accento caduto


come cade la bellezza negli occhi

e dici le cose


con immediata verità


si manifesta fulminea

con grappoli di succo pieni

ed è meraviglioso estenuante

restare vigile fermo

nella capacità
come un cacciatore
nella cattura

pulita e diligente
dell'amore che le parole combinano

sanno combinare


ché proprio sì come un cacciatore

il poeta sa delle parole

compito il sovrano intraducibile

di trappole

che legano e liberano

tra bagliori di senso

e un odor vago di utili ombre


preda la poesia

un segreto rivelato dai cari

che furono e sono

e tu sulla pietra caramella

con occhi di domani
per le prossime venute

che vivi in molti mondi rivolti

col cuore tenero al cammino

decretato sossolino

secondo i fiumi messo

da Dio forse dimenticato

con fiducia di promessa

solo

sognato

e tutto questo vorticoso spettacolo

assiduo nel tuo cappotto di vite
guardi e puoi vedere

dove si rompe il vento

per la fatta dignità dei giunchi

piegati ad utensile bisogno

e il pane di brevi finalmente

la sua grazia sbalordita

e salata che ha l'odore della tua faccia

tu

che assisti e non sai

ma che forse certamente

dirigi in nuce le cose

per l'asola del mondo


la vita nottetempo

strappa i petali

e sussurra segreti lapidari

inalberati

così che al mattino i prati

ancora tutti screanzati d'angeli

sono un'ossessione colorata di farfalle


che non sa più niente


la vita resta

le nostre domande

la rugiada del mattino



©Gabriele Via 31 ottobre - 1 novembre 2010