dico volentieri che andrei stasera
a mangiare una minestrina
da una vecchia zia. E domandar
come stanno questi e cosa fan quelli.
fino ad informarmi con decenza
sulle condizioni di salute dei miei,
ora che molto fatico a dire
che si ritrovano fra i più:
ché a dir di loro la motta morte
io prima tutto ne morrei. Mi toccherà
invece ascoltare che passi
il convoglio anche di questa
agrodolce malinconia...
In forse se confidarmi di tanto
con mia figlia, nell'incertezza di come
la prenderebbe ora e la scommessa
di come saprebbe ricordare invece
fra quarant’anni le mie parole odierne,
o lasciare piuttosto la trama molle
del cuore galleggiare
sul lago cieco della sera...
Sì, farò poi così; ché è un fare che si fa
non facendo un bel niente. Accenderò
talmente da solo un lume
che di lontano il passante potrebbe
scambiare per una casa. E mi sarò
dato un po' dì arie, un angelo avrà
pietà di me, ché non ho più bisogno
dì nessuna tragedia, per fare a meno
della combustione fossile
di illusione e di paura.
E allora forse una casa vera
e propria non sarà, ma neppure
una trappola o una cattura.
Sarà un fuoco nella notte
una luce che prosegue
nella selva oscura
lasciata alle spalle
l’inconsolata malinconia
stanchi di aspettare
con gli occhi sporchi
di tutte le epopee dei camini
cerchiamo allora un amore
dissennato
nelle rovine del carbone
dolce fatica di dire la verità
e il sapore sospirato del giorno
durerà tutta la vita ché è solo per ora
e lo possiamo finalmente dire
se talora ai poeti è dato
di rivelare semplici cose
e fare scoppiare il cuore
in una carezza
tener la vita in mano
e con l’altra muovere
un giostra di incertezza
feconda girandola di luce chiusa
nel sapore di alga del mio latte
mentre il tuo gesto esitante si fa forte
corrugando con le unghie unite
l’itinerario della stessa sete
di altre piume di altra vita
avremo denti per strappare l’erba
figliando sui prati umidi
e cucire tessuti nella pancia
per lunghi tragitti
aspettando dal vento
una precoce furbizia delle cose
disposti a credere alla befana
sorpresi soli e nudi fuori dalla tana
quando il sole avrà la voglia
di visitare l’altro lato della nostra faccia
avremo voglia di costruire un ponte
fare un molo nell’alveo
trovar nomi ai diversi ninnoli
scaturiti dai nostri giochi di argilla
costruire blocchetti
e con essi alzare muri
e sui muri issare le travi
e sopra stendere frasche
presi nell’inguaribile febbre del fare
addomesticheremo il cuore del fuoco
metteremo la vita in una catapulta
scagliando oltre il cielo
le ragioni sorgive del nostro seme
faremo domande oscure alla terra
inventeremo le promesse
per sconfiggere il corpo
inaccessibile della paura
ma una sera saremo sorpresi
ascoltandoci dire che volentieri
andremmo a mangiare
una minestrina da una vecchia zia
il fuoco amico allora
acceso da poco
e una cometa di passaggio
che lasciò
un bicchiere di neve
in una bolla di sapone
tu dirai solo che ogni cosa
va fatta come si deve