mercoledì 6 gennaio 2010

poche cose 3: dico volentieri che andrei stasera

dico volentieri che andrei stasera

a mangiare una minestrina

da una vecchia zia. E domandar

come stanno questi e cosa fan quelli.

 

fino ad informarmi con decenza

sulle condizioni di salute dei miei,

ora che molto fatico a dire

che si ritrovano fra i più:

ché a dir di loro la motta morte

io prima tutto ne morrei. Mi toccherà

invece ascoltare che passi

il convoglio anche di questa

agrodolce malinconia...

In forse se confidarmi di tanto

con mia figlia, nell'incertezza di come

la prenderebbe ora e la scommessa

di come saprebbe ricordare invece

fra quarant’anni le mie parole odierne,

o lasciare piuttosto la trama molle

del cuore galleggiare

sul lago cieco della sera...

Sì, farò poi così; ché è un fare che si fa

non facendo un bel niente. Accenderò

talmente da solo un lume

che di lontano il passante potrebbe

scambiare per una casa. E mi sarò

dato un po' dì arie, un angelo avrà

pietà di me, ché non ho più bisogno

dì nessuna tragedia, per fare a meno

della combustione fossile

di illusione e di paura.

E allora forse una casa vera

e propria non sarà, ma neppure

una trappola o una cattura.

Sarà un fuoco nella notte

una luce che prosegue

nella selva oscura

 

lasciata alle spalle

l’inconsolata malinconia

 

stanchi di aspettare

con gli occhi sporchi

di tutte le epopee dei camini

cerchiamo allora un amore

dissennato

nelle rovine del carbone

 

dolce fatica di dire la verità

e il sapore sospirato del giorno

durerà tutta la vita ché è solo per ora

e lo possiamo finalmente dire

 

se talora ai poeti è dato

di rivelare semplici cose

e fare scoppiare il cuore

in una carezza

 

tener la vita in mano

e con l’altra muovere

un giostra di incertezza

feconda girandola di luce chiusa

nel sapore di alga del mio latte

mentre il tuo gesto esitante si fa forte

corrugando con le unghie unite

l’itinerario della stessa sete

di altre piume di altra vita

 

avremo denti per strappare l’erba

figliando sui prati umidi

e cucire tessuti nella pancia

per lunghi tragitti

aspettando dal vento

una precoce furbizia delle cose

 

disposti a credere alla befana

sorpresi soli e nudi fuori dalla tana

 

quando il sole avrà la voglia

di visitare l’altro lato della nostra faccia

 

avremo voglia di costruire un ponte

fare un molo nell’alveo

trovar nomi ai diversi ninnoli

scaturiti dai nostri giochi di argilla

 

costruire blocchetti

e con essi alzare muri

e sui muri issare le travi

e sopra stendere frasche

 

presi nell’inguaribile febbre del fare

addomesticheremo il cuore del fuoco

 

metteremo la vita in una catapulta

scagliando oltre il cielo

le ragioni sorgive del nostro seme

 

faremo domande oscure alla terra

inventeremo le promesse

per sconfiggere il corpo

inaccessibile della paura

 

ma una sera saremo sorpresi

ascoltandoci dire che volentieri

andremmo a mangiare

una minestrina da una vecchia zia

 

il fuoco amico allora

acceso da poco

e una cometa di passaggio

che lasciò

un bicchiere di neve

in una bolla di sapone

tu dirai solo che ogni cosa

va fatta come si deve

 

 

©Gabriele Via

poche cose 2: e poi perdere la bussola

e poi perdere la bussola

come parte del disegno

 

trovare un piccolo lume

nella fragorosa estraneità della neve

 

sapete cosa vuol dire

mettere la vita dentro le parole

 

basterà veramente la bellezza

quando sapremo riconoscerla

 

sui tumulti densi del cuore

afferrare la cresta schiumosa dell'onda

 

la bellezza non è il bene

ma una scossa che freme

 

il corpo di una luce densa che

portando il suo colore viene

 

più di tutto è dell'indicibile

lo supera, lo contiene

 

prende parte all'uso delle parole

si intrufola tra lingue di fuoco

 

partecipa della caduta dei gravi

milita presso i massimi sistemi

 

ma ha un suo punto di vista

su quel certo mercoledì

 

non predilige un colore sugli altri

e da ciascuno ottiene un nome

 

non le cale dei gusti personali

a lei tutto si adegua veramente

 

è bella perché non attende consensi

e si muove senza sapere nulla

 

ignora del tutto ciò che è giusto

e tutto essendo vero accoglie com'è

 

neppure sa che il suo sguardo

trasforma il circuito delle cose

 

non ha bisogno delle stagioni

tutto proclama al centro di tutto

 

esserne travolti strappa le radici

ai più basta una sua rappresentazione

 

perché veramente non è per tutti, ora

salvo darle quanto altrimenti si prende

 

offrirglielo noi per primi

come timorosi fedeli pagani

 

e scoprire che ama il coraggio

l'autentico dono di vedere



©Gabriele Via