sabato 26 dicembre 2009

Natale in un amen

Natale in un amen

sentimento imperfetto

che dal labbro del cuore
nascendo vuole può
osa e poi tace

in un amen

stupito dall'inattesa bufera
e luminosa di tanta possibile pace

che scaturisce e incontra
generando nuovo tempo
nuovo spazio diffondendo
e allora cerca spera crede
volendo ad uno istinto fare e bene

in un amen
si erge su esili articoli di moto
si propone quindi un viaggio ancora
un giorno un altro e un altro ancora
rimedia per via procedendo
come un bimbetto calcia
il pallone correndo

si serve del mutuo servire
in cui la vita sovrana
con giochi di palpebra e mebrana
si sistema tutto sistemando
con un amen

a volte canta, ché urge più cielo
qua o là

e sogna masticando pane di ruscello
e procede nel sentiero coprendo

inesplorati mondi già solo immaginando
in cuore promesse della sostanza 
del sogno che al naturale risveglio
di quotidiani albeggi fabbrica
con immediata disponibilità
di molte decine di millenni
in un amen

in poche molecole, alcune galassie
o si offre al dente di tatraruga
del mercoledì con tenerezza 
breve di lattuga... Nulla gli è estraneo

e prepara consolida edifica dispone 
adopera esperimenta prova

perché oltre le buone favole
che ci sappiamo raccontare
di questo noi siam fatti
in questo nascemmo

non avendo più scampo
dall'officina del Natale

per un amen


©Gabriele Via 

mercoledì 23 dicembre 2009

non voglio averti conosciuto prima

non voglio averti conosciuto prima

oggi il sole protesta
la sua bellezza cieca
sulla neve che muta
il suo candore in festa

lacrime di riso fecondi ruscelli
quel che va e quanto resta

amministra e cade

...talvolta il movimento
sta tutto nel vedere

un sentimento con gli occhi
un contrasto piccolo
qualcosa che arriva e che ti tocchi

delle volte, oggi

non voglio averti conosciuto prima




©Gabriele Via

martedì 22 dicembre 2009

nulla osta del canto

Allora dovrai farti molto accorto

il sopravvenire di quanto avverrà

 

come un intero treno spinge

tutto un vento davanti a sé

 

sarà il silenzio che avvertirai alla fine

prima durante e dopo l'avvenire

 

il tempo di dire, ricostruire

parvenze e immagini di senso

né pure ci sarà più

 

ciascuna cosa apparendo sarà

in tutto e per tutto

nella luminosa gloria del silenzio

dove la parola è puro atto

di bellezza che non vacilla

nulla promettendo all'ansia

che di realizzar cose ancor ti assilla

 

È così doloroso parlare delle cose

mentre che stiamo ancora respirando

pur non di ciò intesi e dolcemente

ben rapiti e nutriti

 

Noi capitati qui angeli spettinati

prigionieri della tiepida luce

del ciclo di Krebs

senza forbicine per le unghie

 

E siccome sei molto bravo

uomo contemporaneo di te stesso

nello squallido ottuso pervicace

monolocale di questo solo tempo

sai anche sbagliare strada

come si deve

 

Qualcuno ti disse che ci fu una guerra

e che la vincesti tu (o persona delegata)

vivi da allora per sentito dire,

masticando catene zuccherate,

ma sei sordo. Credi di aver studiato

Omero, e non riconosci l'elmo d'Ettore

in cui ti ho scodellato la minestra

or ora, in questa sera...

Dal Caucaso a Bombay tu credi che oggi

non abbia un solo spicciolo di debito

verso i perduti lumi di ieri…

 

Sapessi dirti quel che vedo invece

quale intensità di sentimento

 

Siamo nati per conoscere

il sapore dell'uva

e avere il coraggio in faccia

di essere un'espressione abitata

di questa semplice e buona felicità…

 

E rispondere, sia finalmente detto

coi piedi per terra a tutte le schiere,

rispondere... Nulla osta in vero

al primario compito di cantare

 

©Gabriele Via       

domenica 20 dicembre 2009

Apocalisse di giorni non solenni

digiuni silenziosi che sfociano

 

dapprima ognuno è proprio convinto

d'essere giunto per una ragione

 

so cos'è stata la mia vita fin qua

e una parte del dolore rimane

 

un catarro acre che non si scioglie

non riceverà nome, non avrà luce

 

non mi consola pensarla come alcuni

nel vento urla un mistero: acciuffalo.

 

perché la società non è un'arca

ma il rimorchiatore dal porto al mare

 

e vedere e sentire insieme

essere l'utilizzo di una materia

 

sottile pulviscolo che anima

abitando il sogno, la memoria e

 

ogni narrazione liquida e viva

la notte da percorrere che crea

 

il parto finale della tua luce

scoprire nella pioggia che l'arca sei tu

 

il giorno che costruisci la porta

devi non sapere chi un giorno busserà

 

molti scoprono tardi che la fede

è proprio questa roba qua

 

©Gabriele Via      

sabato 19 dicembre 2009

lo capisci quando cade la neve

Il parere di Adamo, se c’è

lo capisci quando cade la neve

 

allora il mondo era già capovolto

e per l'inquietudine di crescere

 

prima di non far niente

facciamo sempre qualcosa

 

fra poco farà freddo

e non lo riconosci prima

 

il freddo non si muove

la morte non cammina

 

e quando resti sul vagone, fermo

sembra tutto muoversi

 

ma se prima ti muovevi tu

era volare sul mondo incantato

 

così per un po' crederai, ancora

di trovarti da queste parti, vivo

 

Quando la mia vecchiaia era invisibile

e la casa immensa

dalle finestra una luce pulviscolare

inondava tra persiane francesi

gli ampi vani il corridoio infinito

e l'ariosa cucina che apriva

una finestra di marmo marino

dove sull'estremo cielo

l'urlo dei gabbiani era lungo

come il verso dei rimorchiatori

che tornavano al porto

dopo avere spinto in mare il corpo

pesante delle navi da carico

ero felice, non lo sapevo

 

la terrazza

quadrata

sovrastava

l'arco che legava il palazzo al grumo di tetti

d'ogni sorta (dove una volta correva

nottetempo il brigante saracino) ora

gremiti di sbilenche antenne tv.

I gerani. I tratti di luna col gesso, fatti e rifatti

per terra. La tartaruga. I nostri salti

a gambe aperte. La sosta di fenicottero

nel quadratino. La conta. Ultimo salto.

Dietro front. Sentinella, fichi d’india,

schiaffo del soldato

tutto era casa, senza dubbio.

 

Attorno c'erano i grandi. Il nome

che i vecchi davano a tutti quelli

che non erano fanciulli. Uno dei vecchi,

la cui attività principale costituiva nell'abitare

contemporaneamente

in molti mondi allo stesso tempo,

ogni tanto girava il capo verso di me

e diceva: loro sono grandi.

Ogni strada iniziava da me.

 

Facciamo sempre qualcosa

per l'inquietudine di crescere

 

prima di non far niente

il mondo già allora era capovolto

 

di Dio parlano tutti quanti

ma chi ha usato il bagno prima di me?

 

crederai così ancora per un po'

di trovarti da queste parti, credo

 

non solo tempo

non solo spazio

 

ma una luce insieme

solo tutto quel che viene

 

lo capisci quando cade la neve

il fragile incanto del tuo parere

 

 

 

©Gabriele Via

lunedì 14 dicembre 2009

Ricominciare nel candore della neve

Voilà: relazione e identità

 

la poesia che parla di qualcosa

arriva sempre e solamente

fino ad un certo punto

del rumoroso, sordo e cieco

non dire niente, in molti modi:

e qui giunta, quando non prima deceduta

emette un pensiero dubitativo

senza forma, senza sostanza,

senza desiderio, senza memoria,

senza altro: ossia un’unica, triste,

solitaria e pericolosa certezza:

immune addirittura al demone

della nostalgia, una idolatria

pragmatica senza divinità.

 

Vorrei dire insieme due parole

dovrò però dirne una prima dell'altra

poi decido che fa lo stesso:

risolverò la cosa altrove (non so dove)

in un altro momento (non so quando)

ci sarà, credo, un tempo e un luogo

per risolvere la cosa

 

ma modo per risolvere la cosa

se la cosa è proprio quella lì

forse

non c'è

prima o poi si corre il rischio di capire

incomprensibilmente

che la lontananza può darsi

che non sia una distanza

ma la sostanza di un senso vivo

di un'alternanza che ti procura diversità

la lontananza è la cosa più vicina che c'è

il senso unico del verso

il prima o poi che intreccia i cavi

e ti rivela. Lo scherzo di una stanza.

 

Perché il nocciolo della questione

non ci è mai estraneo

ma neppure si conserva in dispensa

la lampadina che illumina il giorno

nello stesso luogo in cui si era

abbuiata la notte...

 

illuminare il giorno

(questo nessuna parola lo sa)

non è possibile: né prima, né poi.

 

Il mistero non è un problema nascosto

nel mantello della notte da illuminare

 

Metà delle parole che adoperi

sono scritte alla lavagna

 

Il mistero è una voce fatta di parola

che come una cometa si muove dal cielo

fino a scaldarti il cuore

il fatto che un cane mi faccia compagnia

non va risolto.

 

I proiettili non uccidono

e l'anima non muore

il problema è che nascere non è una malattia

la pioggia non è un giudizio

e le tue lacrime hanno tutti i profumi di un fiore…

 

Ma libri, statue, foto, e bandiere bruciate

non fanno concime, confondono

solamente un inizio con la fine.

 

Vorrei dire due parole insieme:

 

ascolto

silenzio

 

…Ma ne viene sempre una terza

due più due è due più due

che poi faccia quattro

giochi alla belle statuine

o inciampi in un gioco dispari di specchi

 

io

non mi devo dimenticare mai

di ciò che è, se ho bisogno di ciò che fa.

 

L'indicibile metafora di una rima

tu non lo credi ma fa meglio, fa prima

 

l'infinito remoto continuerà

 

ma la speranza senza oggetto

non dev'essere un progetto

 

giovedì 10 dicembre 2009

Il nostro mestiere

Il nostro mestiere
parole. Utensili luminosi o lividi
temperati su ghiacci e vulcani
sentinelle invisibili o sguaiate di verità

E come avviene meravigliosamente
che fra mezzo le parole ad un certo 
punto, come la pinna dimentica
di un'orca appare e quasi tutta
si mostra la vita

Ma c'è un pomeriggio
che il cielo ti dipinge in faccia
quell'appetito di mare
e una luce, un colore, un temperamento
che è lì offerto a chi non lo desideri,
ché il desiderio di sé dipingendo
il mondo e tutto trascolora,
mentre quel momento
di vergini cellule e maturi respiri
è fatto per la sola poesia
e null'altro dovrebbe
coglierlo violarlo di un grado
o invitarlo a una smorfia
nel solco di un'abitudine cieca

C'è un punto in cui si incontrano
i punti che non si incontrano
è un altrove dentro il cuore
lo spicchio tondo di un tutto
la vita in cui credo
il mare in cui mi tuffo

C'è un respiro
dove chi parte incontra chi giunge
e per un attimo si cambiano parte

Prova a chiedere loro
che indichino il punto sulla mappa

quando quel che vuoi dire
dalle parole più non si stacca




©Gabriele Via

venerdì 4 dicembre 2009

COMUNICATO STAMPA ATTIVITA' LIKE-US

Nuove attività per il marchio LIKE-US

 

Bologna venerdì 4 dicembre 2009

 

 

Il marchio Like-US, creato da Lavinia Turra, stilista e designer e da Gabriele Via, poeta,

vede in questi giorni una rinnovata vitalità

 

Oltre 300 persone ieri sera tra le 18 e le 20,30, presso la Galleria Forni di via Farini 26 a Bologna, hanno gremito la sala in cui era esposto il ciclo dei piccoli teatri dell’anima intitolato:

 

…della sostanza del sogno…

 

Lo potrete vedere  ancora esposto in questa forma fino a sabato 12 dicembre compreso. Poi si sposterà in altri spazi della galleria. Il ciclo si compone di 19 opere fotopoetiche realizzati con le foto di Alberto Pascale e gli haiku di Gabriele Via.

 

 

 

potrete poi trovare il marchio Like-US presente nel libro agenda

 

…Un anno appena…

 

scritto da Gabriele Via ed edito da Corbo Editore (www.corboeditore.it). Un progetto ancora una volta concepito e realizzato da Lavinia Turra e Gabriele Via. Artisti colti, trasversali, che hanno il pregio della padronanza estetica e la chiarezza di un pensiero vivo, che sente di provenire da una lunga storia, ma sa guardare avanti con freschezza ed entusiasmo.

 

Il libro agenda:

…UN ANNO APPENA…

 

verrà presentato sabato 12 dicembre

al teatro San Salvatore

via volto santo 1 Bologna

ore 18

 

attività, approfondimenti e contatti

 

www.like-us.eu

 

mercoledì 2 dicembre 2009

presentando il libro ad Ancona

Martedì 1 dicembre 2009 dalle ore 18, ad Ancona, presso il Liberty Cocktail Lunge, sono stato invitato, grazie al lavoro organizzativo di Silvia e Francesco, a presentare il mio ultimo libro:

…UN ANNO APPENA… l’agenda haiku da cui, per gentile concessione dell’editore, pubblico ogni giorno l’haiku quotidiano, sul presente blog.

 

Non avevo mai visto il lembo di terra edificata in riva al mare, su cui sorge il centro della città vecchia. Non posso neppure ora dire di conoscere Ancona. Ieri sera, però, come in un sogno ci siamo ritrovati nello spigolo inferiore di un anticao fabbricato in via del traffico (per un istante mi era parso fossimo all’inizio di un carrugio, a Genova) e una volta dentro al locale per un istante ancora mi pareva che si attualizzasse con grazia qualcosa di simile ad uno degli attracchi a terra  che si incontrano nel libro di Herman Melville…

 

Poi, nella saletta interna, abbiamo acceso la candela… ed è avvenuto un piccolo miracolo laico… si è ripetuta la formula che già Leopardi espresse chiaramente dicendo che l’arte accresce la vitalità dell’uomo… e che poi Mario Luzi tradusse con ancora più semplici parole: la poesia aggiunge vita alla vita.

 

Mi sono ritrovato accerchiato da un cenacolo di luminose e calde persone e insieme abbiamo scoperto arcani dentro e attorno i 366 haiku che ho scritto e che sono disposti dentro l’agenda haiku.

 

Ed ho capito che presentare un libro è quasi impossibile. Ogni libro è un’opera incompiuta, la lettura ne compie la parte più misteriosa e viva; poiché quel che si vuole dalle nuvole non è la pioggia, ma sono i frutti che la pioggia nutrendo saprà recarci. Così, rivolgendosi ai lettori, finito per un momento l’estatico lavoro della scrittura, inizia un altro cammino. E lì ti accorgi che ne sai veramente quanto ciascuno di loro. Il tuo lavoro ti appare come una entità altra. Fino a ieri era illuminato della luce estatica dell’ispirazione e della composizione… Poi è avvenuto qualcosa. La piccola barca ha preso il largo ed è divenuta del mare. Certo nutri ancora in cuore ricordi che ti hanno legato al momento di crescita e conoscenza con quelle parole. Ma il solco tra te e quelle opere è ormai netto come tra il giovane Enrico e il vecchio Falstaff. Ora, davanti alle parole con cui Dio stesso ti fece compagnia in cuore, non puoi fare altro che leggere. Come ogni altra persona. E per chi scrive questa esperienza rimane fortissima e quasi inconfessabile.

Se poi aggiungo che il libro che presento è un lievito… Chissà cosa sarà il pane che ne uscirà. Quando ciascuno avrà scritto il proprio contributo, quando ciascuno avrà scelto di lasciare una parola, un verso.

Scrisse il poeta:

“…Che vi è di nuovo in tutto questo?

Oh me! Oh vita! Risposta: Che tu sei qui.

Che la vita esiste; e l’identità.

Che il potente spettacolo continua

e che tu puoi contribuire con un verso!”

 

Grazie a Silvia e a Checco e a Fabio, e Gioia, Gaia, Costanza, Gigi, Bianca, Annalisa, Laura, Giorgio, Sandro, Vittorio e Patrizia e quanti ad Ancona hanno reso possibile una piccola rivelazione del mistero più grande che l’umanità conosca: la poesia.

 

Bologna 2 dicembre 2009 Gabriele Via