venerdì 7 maggio 2010

Le cose che penso se ne vanno

Le cose che penso se ne vanno

non le accelero non le freno


non pretendo che ogni cosa scritta

venga accolta come un mazzo di fiori


alle volte uno specchio

è più gradito

dipende da che ora è


ma quando si scrive

è tutte le ore


le donne, belle divengono vecchie

io, chiaramente, sono antipatico


e i ciechi scorazzano

felici e contenti di guardare le figure

coi loro prossimi disastri

incastrati nei sorrisi


e se maggio mi incontrerà muto
in soli cataclismi di respiro
busserò io la mia voce di pezza calda


ad una porta mai prima nota
per una sola buona compagnia
capendo forse allora
questo sapore di far visita
come un tempo
come qualcosa che è la mia età

o una cultura, che vive ancora


e odi il rumore di motori intermittenti

dai giardini tra tosaerba e soffia foglie

seghe che potano ed altri arnesi che non sai


a quest’ora c’è gente che sta parlando

si accendono le micce

si progettano cose da far meraviglie


la luna è una specie di mare

che sta nel cielo

cova la voce dentro

i nostri sistemi nuvolosi


un poco si tace

molto nel vento

nel frattempo dei tempi

scoppiettano come una luce

scintille di qualcosa

in un dove e in un come

per cui torni a pensare a te


l’unica cosa che sai fare

ma non vale gran che


sei sempre lì che cerchi di

organizzare al meglio il tuo funerale

ma non lo sai

lo chiami in altro modo

questa cosa che credi sia una moda

ma perché si torna a casa la sera?


Così naturalmente sgraziati


Poi qualcuno muore,

la madre, il padre, un fratello

una zia, un amico, uno che era…

(ma non sta bene dirlo)


e ancora sei della medesima

stoffa ignorante

cresciuto solo in sfacciataggine

e maniere diverse

di sputare sulla natura


avendo ormai caricato tutta la tua mente

dentro il sistema della televisione

fisica, metafisica, morale, stato

ed ogni tipo di celebrazione


Le cose che penso se ne vanno

non le accelero non le freno


poi la morte viene

e ti accorgi con sgomento

che il cinismo ha preso gli occhi

i respiri le mani

le labbra

di una intera generazione

di un popolo


era meglio restare superstiziosi

che passare la vita a insaponarsi

di questa scienza di bagatelle


ricordo che alla morte di un mio fratello

ero preparato da un pezzo


e mi toccò scrivere e fare un biglietto

che fosse bello,

provai rabbia, verso nessuno


d’impeto dico: non a comando,

la linea della mia penna (avrei voluto


ché la morte arriva e ci stizza


ma invece forse era proprio così

e non ne volevo sapere


era a scomodo comando

bisognava trovare lo spazio

per inginocchiarsi

veramente

giù

piano

completamente

sassarsi a terra in polvere


ricordo quindi dei miei necrologi


un’abilità (come avere un passaporto

in un galeone di profughi

sprovvisti di ogni documento)

che mi sorrideva come una smorfia


io dovevo restare nudo

aperto attento

e cogliere sulle bocche

dei cuori muti

una parola

un sussurro taciuto

un desiderio annegato nel pianto


e intanto fingevo di compendiare

bibbie, volumi ed altre cartacce


e quest’abilità d’angelo Gabriele

cattiva perché senza intenzione

e neppure amore

mi teneva al lavoro

come un medico (immagino)

sul cuore aperto di un paziente


dovevo scrivere

come Achille combattere

era nelle cose


e da allora spesso mi dico


non so mai se mi divertirò
con la coda delle luci in festa
unendomi al coro dei felici



se non dimenticando

ed ho imparato

senza sapere

come ti accorgi di

esprimere un concetto

semplice e chiaro

in una lingua prima straniera

ho imparato a dimenticare


catapultato in un eterno

e senza la scuola per dirlo

e senza altro vangelo da portare


È mancata la luce all'improvviso
e subito dai soffitti dell'esistenza
si leva l'urlo dell'istante vita



come mani di idee ad acciuffare
brandelli di cielo che non si possono
sopportare…


oh natura, natura

forse è il tempo di governare assieme


sono stanco delle connivenze

tra teologie e scienziati pazzi


in questo mare immerdato

sulla commedia del mondo


il pannolino esplode

e la verità risponde alla verità


allora il re nudo per piangere

non troverà neppure un fazzoletto


alle volte uno specchio

è più gradito

dipende da che ora è


le cose che penso se ne vanno

non le accelero non le freno


©Gabriele Via Bologna giovedì 6 maggio 2010