giovedì 19 novembre 2009

Articolo quattro, comma secondo

Articolo quattro, comma secondo

 

Cosa ci faccio ora qua?

Io vorrei dimenticare subito…

 

…Se anche solo venti giorni fa

formicolavo tra le carte compilando

nel furibondo impeto della luna

versi e strofe che mi consegnavano

di sicuro altrove - io credevo

ed ora: la luna tace,

qualcuno mi ricorda, forse

con un'altra faccia,

tra i monti etruschi,

oltremare, in paradiso,

o in un paesello.

E a me pare invece di essere qui,

contrariando alquanto quel volo,

per cui già scrissi più versi celesti

e vivi; facendo accadere magie.

 

Allora, ancora, io mi domando:

cosa ci faccio ora qua?

Io vorrei dimenticare subito…

 

Ma,

esiste ancora una specie di cieca

indifferenza, con cui si entra nelle case,

un tempo vive, abitate, e che hanno

veduto molti natali e primavere anche,

coi loro fiori e le donne accudire

piante aromatiche ai quattro angoli del cielo,

e richiamare da in fondo ai prati

figlioletti, comari, giovincelli infebbrati

di tutto questo giocoso vivere

inavvertitamente avviato al ripido

tramonto come un giunco un tempo

elastico ed ora scheletro impagliato

attorno ad un’adusa bottiglia

che si svuota e si riempie…

 

Io vorrei dimenticare subito

un solo verso adesso appena

scritto e come un canto di uccello

incontrarlo ancora per meraviglia

 

e chiedergli come alla vita chiedo

dimmi amore mio da dove vieni

 

Ma è un silenzio questo anche che

copre e scopre lo spessore vivo

di un dolore continuante come

i risvolti del labbro finale del mare

sulla pettinata riva

ondeggianti

nel breve cupore del bagnasciuga

 

e al cader delle foglie sopraggiunge

un sentimento intermittente e nuovo

ed una linfa segreta ci pare

che si ficchi tra le crepe umide

della minuta e inumidita terra

lungo il mese dei faticosi fanghi

aspettando visioni da una luna

poiché tutti ancora confidiamo

a ragione nella buona fortuna

 

Forse è per questo che Narciso guata

ma mi sfugge l’idiozia per cui cade

 

non basta dire che era giovinetto

e che quindi scivolando rovinò

noi lo sappiamo che quegli si tuffò

in un modo che spiegare non si può

 

Ma questo autunno allora ci par fatto

per accendere un fuoco ancora

e pregare gli dei veloci dentro la testa

per ritrovare di poi nel fondo del cuore

quell’unico Dio che diciamo di amare

in antiche e più tradotte parole

e con la neve prossima alle guance

sapremmo pare di cosa si tratta

in questa vita lieve e bestiale

ché dobbiamo finalmente imparare

ad ascoltare

 

Ma quando finalmente arriva il sole

con l’insistenza acerba della luna

il cui massimo splendore consiste

di un lume inghiottito dalla notte

 

la vita intera nuovamente allora

pur di collaborare con te muta

 

Per nessuna libertà rinuncerei

a questa voce che si incontra amica

già in Francesco e quindi in Dante

 

e che soggiorna di poi volentieri

per ben diversi secoli più viva

e travaglia il mio spirito tutto

coi maestri nuovi dell’ottocento

 

e quindi con familiarità cresce

con Ungaretti Saba e Montale

e che in età verde incontrò la Francia

 

come in cucina si adoperano

basilico salvia e rosmarino

 

e i poeti inglesi e tedeschi

fino alla profonda madre Spagna

e ai mistici fratelli d’Irlanda

 

per nessuna libertà abbandonerò

la mia storia. Con essa sono nato

e con essa io solo ritornerò

 

per mezzo del vento il cielo si è

liberato delle nubi. Gli alberi

non sono andati da nessuna parte

 

la politica talora

deve concedere tutto lo spazio

a queste sole parole dell’arte

 

scopriremo allora una famiglia:

russi, polacchi, turchi, portoghesi,

argentini, bengali, caucasici,

navajo, egizi, greci, triestini…

 

per nessuna libertà rinuncerei

a questa voce di capra

che a ciascuno mi affratella

senz’altro progetto da parte di dio

 

ma perché qui siamo nati

con qualche fiume storto tra le terre

e mare e luna e numerose stelle

©Gabriele Via      

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